Per l’omicidio di Michele PLACENTINO a San Giovanni Rotondo, è stato fermato dalla Procura di Foggia, Michele PIANO, 50 anni, parente della vittima.
Secondo i testimoni, PIANO (nella foto-copertina) avrebbe sparato alla vittima durante un litigio scoppiato in casa del sospettato, durante il quale PLACENTINO e uno dei presenti si sarebbero scontrati per questioni sentimentali.
Due testimoni hanno raccontato a pm e carabinieri d’aver visto Michele Piano sparare all’interno della propria abitazione al cugino Michele Placentino durante un litigio tra la vittima e uno dei due testi per storie di donne.
Piano avrebbe gridato “basta” e poi esploso due pistolettate a collo e addome del parente, fuggendo in auto, rifugiandosi in una casa di campagna dove gli investigatori l’hanno rintracciato nascosto sotto un letto all’alba del 3 febbraio, poche ore dopo il primo omicidio del 2024 in Capitanata avvenuto la sera prima nella mansarda dell’indagato, al secondo piano di una palazzina di via Paolo VI a San Giovanni Rotondo.
Sulla scorta di questi elementi il gip del Tribunale di Foggia Antonio Sicuranza ha convalidato il fermo di Piano 50enne di San Giovanni Rotondo già noto alle forze dell’ordine, come la vittima. Il pm Miriam Lapalorcia aveva firmato il decreto ritenendo sussistente il pericolo di fuga, e il giudice è stato dello stesso avviso.
L’uomo si dice innocente; è accusato di omicidio volontario del cugino e compaesano; di detenzione e ricettazione dell’arma del delitto, una “scacciacani” modificata per esplodere proiettili calibro 7.65, ritrovata dai carabinieri in una siepe vicino al luogo dell’omicidio. Nell’interrogatorio in carcere davanti al gip, Piano difeso dall’avv. Luigi Marinelli si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Quando sabato era stato interrogato in Procura a Foggia dal pm, Piano aveva respinto le accuse e negato la sua presenza in casa. Resta da chiarire il movente del delitto. “Il mio assistito si dichiara innocente, attendiamo di conoscere gli atti per valutare alla luce del decreto di fermo del pm e dell’ordinanza di convalida del gip l’opportunità di ricorrere al Tribunale della libertà” commenta l’avv. Marinelli.
Le telecamere della zona di via Paolo VI sono state decisive, mentre erano disattivate quelle all’interno della mansarda teatro del delitto: il sospetto è che Piano abbia cancellato i filmati, circostanza che ha escluso nell’interrogatorio in Procura.
Stando alla tesi accusatori Piano è rincasato poco prima delle 22.45 del 2 febbraio arrivando in auto, una “Fiat Panda”, con altre tre persone, come mostrerebbero le telecamere di videosorveglianza della zona.
Pochi minuti dopo è sopraggiunta l’Audi A4 con Michele Placentino con un parente con cui è salito nell’appartamento del sospettato, dove si sono quindi ritrovati in 5 o forse 6.
Stando al racconto di due testimoni (il pm nel decreto di fermo ha rimarcato come abbiano fornito la stessa ricostruzione pur non avendo avuto modo di parlare tra loro perché subito accompagnati in caserma dai carabinieri e tenuti in stanze separate), Michele Placentino e uno dei due testi hanno litigato per storie di donne e c’è stata una scazzottata.
La vittima ha rotto alcuni oggetti trovati nell’abitazione, al che Piano ha detto “basta” e poi esploso 2/3 colpi, due andati a segno. Poi ha infilato qualcosa in un marsupio (forse l’arma ritrovata poco dopo), e con le ciabatte sporche di sangue è sceso, dileguandosi con la “Fiat Panda”.
Michele Placentino agonizzante è stato soccorso dal parente, portato in strada dove medico e infermieri del 118 nel frattempo contattati da alcuni testimoni, hanno cercato di rianimarlo, ma per lui non c’era più niente da fare.
I carabinieri sono giunti subito in via Paolo VI e di Piano non c’erano tracce; gli investigatori hanno interrogato una mezza dozzina di persone; eseguito 4 stub (serve a cercare residui di polvere da sparo su mani e vestiti di persone sospettate di aver sparato) i cui esiti si conosceranno nei prossimi mesi.
Piano è stato rintracciato alle 5 di sabato in una casa in contrada S. Andrea, grazie al gps installato sull’auto usata per la fuga: era sotto un letto, sequestrati alcuni vestiti che sarebbero stati lavati per eliminare le tracce di sangue.