Pastore e Pacchiana: quest’ultima incoronata regina del Carnevale, ma il costume tradizionale è un bene culturale da tutelare.
Ori, sete, broccati, trine, frange e merletti sulle svolazzanti gonne di panno scuro plissettate ad opera d’arte hanno invaso il centro cittadino con un colpo d’occhio straordinario nella giornata dedicata al costume della tradizione sannicandrese: la pacchiana.
Un abito prezioso, con due secoli di storia, da sempre “celebrato” con l’usanza delle coppie di fidanzati prossimi al matrimonio che lo indossavano in uno dei giorni del Carnevale “scortati” dai familiari a proteggere le collane d’oro e i gioielli indossati per l’occasione, ma che da alcuni è diventato un cult, con l’imponente sfilata che cresce in maniera esponenziale di anno in anno con pacchiane adulte, ragazze, bambine, accompagnate dai pastori (il costume maschile della coppia), anche loro di ogni età.
Ma la pacchiana, regina indiscussa del Carnevale sannicandrese, non è un costume di carnevale, bensì un abito tradizionale, testimonianza preziosa di un’identità culturale da preservare e tramandare.
Lo sanno bene i sannicandresi che intorno a questo prezioso abito imbastiscono una rete di collaborazioni che coinvolge sarte, parrucchiere, ricamatrici, orafi in un movimento di sapienti artigiani, custodi dell’antica tradizione che culmina nella vestizione della pacchiana che segue un rituale ben preciso, osservato scrupolosamente, con la partecipazione di nonne, zie, conoscenti con esperienza.
E proprio allo scopo di tutelare la peculiarità di un bene culturale così unico e prezioso sono in atto una serie di iniziative ad opera di gruppi di esperti di storia locale per realizzare un disciplinare apposito, oltre ad un Ddl (disegno di legge) per la tutela dei costumi storici che vede tra i suoi promotori la senatrice sannicandrese Anna Maria FALLUCCHI.